L’Università di Bologna ha scoperto una novità sui lupi

Vi siete mai chiesti perché l’ululato del lupo italiano avesse quella nota un po’ più acuta rispetto al cugino americano? Se lo sono chiesto anche i ricercatori dell’università di Bologna che, insieme ai colleghi dell’ISPRA (l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), hanno analizzato i resti di 19 esemplari vissuti tra 25.000 e 1.000 anni fa, i più antichi mai studiati. Questi mostrerebbero una corrispondenza genetica tra i lupi nostrani antichi e odierni, euroasiatici e d’oltreoceano risalente a 17.000 anni fa. Solamente 3 millenni or sono i nostri compatrioti si sarebbero separati definitivamente dal patrimonio genetico dei cugini. Importanti scoperte anche a proposito dell’addestramento e della trasformazione canina del lupo. 

La ricerca, apparsa sulla rivista scientifica PeerJ, si è svolta nel laboratorio di Antropologia fisica e DNA antico attivo al Campus di Ravenna dell’Unibo. Nella struttura, la più avanzata del genere in italia, è stato analizzato il patrimonio genetico custodito in denti e ossa di 19 esemplari. I ritrovamenti sono avvenuti nei siti di Cava a Filo e di Monterenzio Vecchio (BO) e lungo il corso del Po, in provincia di Cremona.  

Dall’analisi dei resti più antichi sarebbe stata riscontrata una continuità genetica tra i lupi italiani preistorici e quelli coevi dell’Eurasia del Nord. La corrispondenza è la stessa con gli esemplari moderni presenti nello Stivale. L’isolamento geografico della penisola avrebbe poi portato alla differenziazione finale tra i vari gruppi etnici. 

Inoltre, in due esemplari risalenti a 25.000 anni fa apparirebbero un gruppo di mutazioni ereditate insieme, presenti ad oggi in 97 specie canine. Considerando che i dati precedenti risalgono a 14.000 anni, la scoperta sposterebbe l’addomesticamento indietro di un bel po’.  

Elisabetta Cilli, docente dell’Università di Bologna e coordinatrice dello studio, ha spiegato: «Stiamo realizzando approfondimenti su questi campioni e su altri che sono stati collezionati nel frattempo». La speranza dei ricercatori è quella di «ottenere nuovi dati sia per approfondire la storia genetica del lupo italiano, sia per capire meglio dove e quando sia avvenuta la domesticazione del cane».

Dall’Alma Mater hanno partecipato: Marta Maria Ciucani, Patrizia Serventi, Elisabetta Cilli,Gloria Ravegnini, Sabrina Angelini ed Elena Maini, ricercatori provenienti da vari dipartimenti dell’Ateneo.  Tra gli autori della ricerca anche Romolo Caniglia ed Elena Fabbri (ISPRA), Marco Galaverni (WWF), Davide Palumbo di Biosfera Itinerari e Davide Persico dell’Università di Parma. 

Essenziale nella scoperta è stata la collaborazione delle istituzioni fornitrici dei campioni, in particolare: il Museo Luigi Donini di San Lazzaro di Savena (BO) e il Museo Luigi Fantini di Monterenzio (BO).

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