Dopo la chiusura a Bologna dei CAS (Centri di Accoglienza Straordinaria), imposta dai Decreti Sicurezza, 41 persone si trovano ora senza lavoro e il Fondo di Integrazione Salariale (che va in sostegno al reddito in caso di sospensione o cessazione dell’attività lavorativa) sarebbe, secondo le cooperative che li gestivano, «una miserevole elemosina». Per questo oggi nella sede della Città metropolitana in via Zamboni si ritroveranno l’amministrazione comunale, la Regione Emilia – Romagna e le associazioni coinvolte per  provare a salvare la situazione. L’obiettivo è quello di individuare strategie che mettano in sicurezza i lavoratori a rischio occupazionale, attraverso il loro inserimento nei programmi regionali di riqualificazione e professionalizzazione.

La chiusura ordinata dalla Prefettura di Bologna ha avuto come conseguenza diretta lo sradicamento di 200 migranti dai territori in cui ormai vivevano e lavoravano da anni per stiparli nel nuovo centro Mattei. «Le disposizioni contenute nei Decreti Sicurezza hanno dato vita a un impianto normativo che punisce migranti e lavoratori e di cui ancora aspettiamo l’abolizione promessa dal nuovo governo», hanno denunciato le cooperative.

Proprio per questo i lavoratori dell’accoglienza, contemporaneamente allo svolgimento del tavolo, hanno organizzato un presidio in via Zamboni 13 dalle 10 alle 12. «Vogliamo ribadire che sulla crisi del sistema pesano le responsabilità politiche. Non subiremo passivamente licenziamenti, espulsioni e peggioramenti delle condizioni di lavoro, perché prossimi mesi la crisi occupazionale potrebbe aggravarsi. È finito il tempo delle passerelle e dei posizionamenti di convenienza, pretendiamo giustizia, dignità, lavoro e futuro!»., hanno dichiarato i lavoratori.

con la collaborazione di Rachele Baccichet

foto di Michele Lapini

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