L’uomo potrebbe andare in letargo, una scoperta dell’Università di Bologna

Il sonno artificiale potrebbe non essere più fantascienza. Una rete di neuroni per la regolazione degli stati di ibernazione e letargo, scoperta da un gruppo di ricerca dell’Università di Bologna, potrebbe essere molto rilevante se applicata all’uomo sia nel campo della medicina sia per l’esplorazione spaziale. Gli stati di ibernazione e torpore, meglio conosciuti con il termine letargo, sono caratteristiche fisiologiche di diverse specie come topi, orsi, scoiattoli, criceti e ghiri. Ciò permette a questi animali di rallentare il battito cardiaco e il respiro, di diminuire la temperatura corporea e di far crollare il metabolismo. L’abilità consente loro di sopravvivere a lungo in condizioni ambientali difficili, con temperature molto basse e senza cibo o acqua. 
 
La ricerca, pubblicata su Scientific Report con il titolo “Neural control of fasting-induced torpor in mice”, ha ipotizzato che non è grazie all’ “ormone dell’ibernazione” che gli animali in letargo riuscirebbero a spegnere il loro metabolismo, ma potrebbe essere un comando che viene dal cervello. «Con uno studio pubblicato nel 2013 scoprimmo che il Raphe Pallidus, una piccola regione della porzione più antica del cervello, era in grado di agire come un interruttore sul metabolismo», ha dichiarato Matteo Cerri, ricercatore del dipartimento di Scienze Biomediche e Neuromotorie dell’Alma Mater. Poi ha aggiunto: «Se i neuroni in questa zona venivano attivati, il consumo di energia del corpo saliva ai massimi livelli. Se invece la loro attività veniva bloccata, anche le specie che non vanno per loro natura in letargo erano in grado di farlo». Gli autori sono: Timna Hitrec, Marco Luppi, Stefano Bastianini, Fabio Squarcio, Chiara Berteotti, Viviana Lo Martire, Davide Martelli, Alessandra Occhinegro, Domenico Tupone, Giovanna Zoccoli, Roberto Amici e Matteo Cerri.

 

Il Gruppo di Ricerca Unibo che ha realizzato lo studio

Dopo alcuni esperimenti sui topi, gli scienziati hanno scoperto e isolato una particolare rete di neuroni dell’ipotalamo che si attiva quando l’organismo entra in letargo, agendo sul Raphe Pallidus, in modo da regolare il metabolismo e la condizione di animazione sospesa propria dell’ibernazione. 
 
La scoperta sta riscuotendo molto interesse in tutto il mondo. Indurre artificialmente una condizione simile nell’uomo potrebbe essere rivoluzionario sia per la medicina, con applicazioni dalla terapia intensiva all’oncologia, sia per l’esplorazione dello spazio perché i viaggi interstellari possono durare anche decenni. La ricerca degli studiosi bolognesi ha ricevuto, proprio per questo motivo, un finanziamento dall’Agenzia Spaziale Europea. 

 

con il contributo di Davide Giorgi

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