L’Emilia-Romagna vota sì alla legge contro le discriminazioni di genere

Maggioranza Pd si compatta per il voto e ottiene l’appoggio del M5s

«Una legge contro l’omofobia e non contro l’omofobo». Così Vincenzo Branà, presidente del Cassero, l’associazione Lgbtqi di Bologna, ha descritto la nuova legge regionale contro le discriminazioni di genere votata la scorsa notte in Regione Emilia-Romagna, tra le stanze di viale Aldo Moro. Una maratona lunga, durata quasi tre giorni e combattuta a suon di emendamenti (oltre 1.780), in gran parte presentati da Fratelli d’Italia che ha cercato, fino all’ultimo, di ostruire il percorso d’approvazione, ma che sono stati tutti respinti. Il Pd, prima scisso tra le sue anime, si è ricompattato arrivando ad un compromesso e ottenendo l’appoggio anche dei pentastellati. Perfino la Lega ha votato contro alcuni emendamenti presentati da Fdi.

Branà continua spiegando come la legge «sia volta alla prevenzione e al contrasto dell’omofobia». Non vengono definite infatti delle sanzioni penali (anche perché queste sono di competenza delle leggi votate dal Parlamento) ma vengono invece promossi corsi di formazione sia per la scuola che per il mondo del lavoro con l’avvicinarsi alle piccole amministrazioni con bandi regionali a cui sia gli enti pubblici che le associazioni potranno partecipare.

Emanuele Follenti, uno degli attivisti presenti alla maratona, descrive il risultato come «un mattoncino per l’Emilia-Romagna, la regione dei diritti». Per l’attivista c’è ancora della strada da fare, come il superamento dell’articolo 12 della detta legge, il vero compromesso con l’ala cattolica del Pd che riafferma la legge nazionale 40 del 2004 sulla procreazione assistista, la quale nega i finanziamenti pubblici alle associazioni che pubblicizzano, o comunque favoriscono, la gestazione per altri. «Bisogna ripensare la genitorialità- continua Follenti – e rivedere la legge 40 in Parlamento».

Un risultato, quello che si è ottenuto questa notte in cui gli attivisti speravano, ma che è costato anche molte forze. «Siamo distrutti- continua Branà– ma anche entusiasti e commossi per questa lotta che ha portato la battaglia per i diritti civili ad un livello superiore. Quando la maggioranza si è compattata abbiamo sentito un forte senso di fratellanza e di comunità politica. Sono state abbattute delle distanze che si erano create tra la politica e la gente». Un percorso che ha visto tanti protagonisti per quella che Branà definisce una «battaglia di tutti» come la consigliera Pd Roberta Mori che è stata anche relatrice della legge, le consigliere Francesca Marchetti, Nadia Rossi e Silvia Prodi, l’assessora alle Pari opportunità Emma Petitti, gli attivisti (oltre 50) che si sono alternati a staffetta per queste lunghe giornate, il presidente della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini che si è presentato in aula anche a tarda notte e molti altri che hanno contribuito a questo risultato. A questo piccolo/grande passo. 

 

Foto: da Facebook di Vincenzo Branà

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