Disagio abitativo, «Ti viene da pensare di non ritornare più a Bologna» 

Piazza Maggiore, che ne ha viste tante e tante ne vedrà, questa volta si trova ad ospitare una decina di tende. Proprio sopra il campeggio improvvisato, nella sala del Consiglio comunale si sta discutendo un’istruttoria sul disagio abitativo. Assessori, consiglieri e associazioni si succedono ognuno in un proprio discorso. Mentre in Comune la discussione continua, quaggiù, tra le tende c’è Greta, una ragazza lavoratrice che da mesi è in ballo per cercare una casa. Un’ospitata qua, il buon cuore di qualcuno là, senza mai la certezza di un tetto sopra la testa, di una sorta di stabilità. «Sono stata via per alcuni anni all’estero – dice – poi ho deciso che m’interessava tornare a Bologna. All’inizio ho trovato un subaffitto di due settimane e poi sono stata ospite».

Greta confida come per lei sia stato «un peso fisico fortissimo oltre che mentale». E non solo per lei, ma anche per le persone che le danno una mano. «Un mio amico mi ha ospitato l’altra notte in una camera che sarà 2 metri per uno e lì abbiamo dormito in due con il materasso per terra. Un disagio. Poi, sono tornata a febbraio e ho ricominciato a cercare casa, dopo due mesi di ricerca ad aprile sono esaurita, non ce la facevo più e sono tornata da mia mamma che però abita in un altro paese. Ti viene da pensare di non dover tornare a Bologna», racconta Greta.

Intanto, la lavoratrice è tornata a cercare nuovamente casa che «è una sorta di lavoro», aggiunge. Greta ha dovuto rinunciare alle vacanze perché voleva trovare casa a Bologna. «Ho trovato una casa e una settimana prima di firmare il contratto la proprietaria mi ha dato il “pacco” (una fregatura). È una cosa stressantissima e la salute mentale influisce sulla salute fisica. Ho sofferto di depressione per l’ansia di non trovare casa e sono dimagrita di parecchi chili», incalza Greta.

Una storia di fatica e ansia. Quante ne avranno viste le due torri? Tra le tende c’è Fabio d’Alfonso di “Pensare urbano”, un laboratorio per il Diritto alla Città Laboratorio per il Diritto alla Città “Pensare Urbano” che la scorsa primavera ha annunciato la richiesta al Comune di Bologna di un’istruttoria pubblica per aprire un confronto con l’amministrazione sulle possibili soluzioni all’emergenza abitativa. «Abbiamo fatto qualche intervento molto critico e ci è sembrato che si volesse minimizzare la gravità del fenomeno. Ci dicono che in questi anni il canone di affitto concordato sia rimasto invariato. Ma la realtà è che sempre più affitti stanno passando al canone libero al prezzo di mercato. In un anno sono diminuiti gli affitti a canone concordato di 1000 unità e sono passati al canone libero o ad affitti brevi turistici. Si sta diffondendo l’affitto grigio, cioè affitto che fiscalmente è a canone concordato ma in realtà viene applicato il canone libero. Bisogna, inoltre, «puntare sul turismo sostenibile e di qualità. C’è spazio per tutti: turisti, studenti e lavoratori. Quello che manca è la volontà politica»», ha dichiarato D’Alfonso

A piantare i “picchetti” anche Emily Clancy, consigliera di Coalizione Civica, che spiega come «Bologna soffre di una cronica carenza di alloggi sul mercato dell’affitto a canoni accessibili e disponibili per studenti, lavoratori, lavoratrici e famiglie. A questo si aggiunge un aumento del turismo del 46% negli ultimi cinque anni». Secondo Clancy «in questi anni non si è intervenuti sulla “turistificazione” della città e questo ha penalizzato studenti, laboratori e famiglie. Il turismo non è da demonizzare, anzi, ma la ricchezza che ne deriva va redistribuita in città. Bologna deve essere la prima città italiana che – dopo innumerevoli città estere – regolamenta le piattaforme turistiche». 

 

Foto: Andrea Olgiati

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