Stop all’inganno dei prodotti stranieri spacciati per italiani

Il Consiglio di Stato lo scorso 6 marzo ha deciso che sarà possibile conoscere il nome delle aziende che importano gli alimenti dall’estero. Lo ha annunciato oggi Coldiretti Emilia-Romagna in un comunicato che spiega il pronunciamento del Consiglio di Stato sull’accesso ai dati dei flussi commerciali del latte e dei prodotti lattiero caseari oggetto di scambio intracomunitario e provenienti dall’estero.  Sarà, dunque, possibile chiedere al ministero della Salute da dove viene il latte impiegato in yogurt, latticini o formaggi di una determinata marca. A beneficiare di questa decisione in prima linea ci sono i prodotti lattiero caseari dell’Emilia Romagna, ance se il principio della trasparenza dell’import, secondo Coldiretti Emilia Romagna, deve essere esteso anche ad altri prodotti come salumi, pomodoro, succhi di frutta. 

«Si tratta di un risultato storico, sollecitato proprio da Coldiretti, dopo la richiesta al Ministero della Salute, per mettere fine all’inganno dei prodotti stranieri spacciati per italianima anche per consentire interventi più tempestivi in caso di allarmi alimentari che provocano gravi turbative sul mercato ed ansia e preoccupazione nei consumatori, a fronte all’impossibilità di conoscere la provenienza degli alimenti coinvolti», ha detto Coldiretti. 

Nel 2018 in Italia è scoppiato più di un allarme alimentare al giorno per un totale di 398 notifiche inviate all’Unione Europea tra le quali solo 70 (17%) hanno riguardato prodotti con origine nazionale, mentre 194 provenivano da altri Paesi dell’Unione Europea (49%) e 134 da Paesi extracomunitari (34%).  

«Oltre quattro prodotti su cinque pericolosi per la sicurezza alimentare arrivano dall’estero (83%). In questi casi le maggiori preoccupazioni sono proprio determinate dalla difficoltà di individuare e rintracciare rapidamente i prodotti a rischio per toglierli dal commercio generando un calo di fiducia che provoca il taglio generalizzato dei consumi e che spesso ha messo in difficoltà ingiustamente interi comparti economici, con la perdita di posti di lavoro», ha specificato Coldiretti Emilia-Romagna. 

Finora una complessa normativa doganale ha impedito l’accessibilità dei dati sulle importazioni, senza significative ragioni legate alla tutela della riservatezza, in una situazione in cui, secondo Coldiretti, contiene materie prime straniere circa un terzo (33 per cento) della produzione totale dei prodotti agroalimentari venduti in Italia ed esportati con il marchio Made in Italy, all’insaputa dei consumatori ed a danno delle aziende agricole. «Una mancanza di trasparenza che ha favorito anche il verificarsi di inganni a danno di prodotti simbolo del Made in Italy ma anche aumentato i rischi di frodi con le notizie di reato nel settore agroalimentare che hanno fatto registrare un balzo del 59% sulla base di una analisi Coldiretti dei risultati operativi degli oltre 54mila controlli effettuati dal Ispettorato Centrale Repressione Frodi (ICQRF) nel 2018». 

Condividi