Musica giamaicana libertà e divertimento, intervista alla ska band tutta al femminile “Le Birrette”

«C’è una canzone che racconta di come liberarsi da ciò che non serve, come persone ma soprattutto come donne». Poi pezzi che parlano d’amore e anche una cover di Mina. L’album “Gal Songs Only” (Solo canzoni di ragazze) della ska band le “Le Birrette” è uscito nel 2018 e il gruppo bolognese tutto al femminile sarà sabato 16 febbraio al Sottotetto di Bologna per un concerto dal vivo dedicato alla musica giamaicana: a seguire le selezioni ska e reggae dei djs Bologna Calibro 7 pollici e 48 Roots.

Carlotta,  voce e scrittrice di alcuni dei testi e delle musiche dell’album, racconta la nascita del gruppo, il viaggio in Giamaica, le date future e il perché di una scelta “provocatoria”.

Perché la musica giamaicana come fonte d’ispirazione?

«Per il fatto che rappresenta una ribellione. Ska e rocksteady nascono come voce rappresentativa della Giamaica degli anni Sessanta che voleva prendere molto dagli Stati Uniti ma che veniva anche da una dominazione estrema e non era del tutto libera di fare quello che voleva. La musica rappresenta libertà ed è quello che ci ha ispirato».

Com’è andata in Giamaica? Che cosa vi ha trasmesso?

«Nel 2015 abbiamo aperto dei concerti degli Skatalites, gruppo storico di musica ska. Uno di loro ci ha messo in contatto con la musicista giamaicana Myrna Hague che organizza un jazz festival a Ocho Rios, nel nord del paese. Si è estasiata quando ha scoperto che eravamo solo donne. Ci voleva ospitare e noi abbiamo detto «andiamo». La cultura giamaicana è un mondo incredibile: c’è quella degli hotel di lusso e poi ci sono le zone native dove è tutta un’altra storia. Oltre a suonare noi andavamo in giro a vedere le città e le spiagge. È andato tutto estremamente bene».


Siete un gruppo composto da dieci donne: è stata una scelta?

«Anna (voce del gruppo, ndr) sapeva perfettamente cosa stava facendo e ha scelto consapevolmente di mettere insieme delle ragazze per iniziare un progetto al femminile. Ancora però suscita curiosità anche tra di noi. Semplicemente siamo così e ci stiamo dentro, ci piace e stiamo bene. Ovviamente è una scelta provocatoria: dietro c’è una prospettiva nuova».

È uscito il vostro primo album da poco. Che tematiche affrontate?

«Non c’è un concetto che lega tutti i pezzi. Alcune per esempio sono cover di vari artisti, come quella dei Wailers, gurppo di Bob Marley. Parliamo anche di violenza di “genere” come nell’ultimo pezzo che abbiamo fatto uscire, “Wounded man”. “Mantis”, invece, elogia la capacità di liberarci di ciò che non ci serve come persone ma soprattutto come donne. È la metafora della mantide che mangia la testa del compagno: la capacità di rinunciare a certe persone quando stai bene come sei».

Ad aprile andrete al London Ska International Festival: è un bellissimo traguardo. Ci saranno nuove sorprese?

«Lo scorso anno ci avevano contattato ma non è andato in porto. Però avevamo già suonato a Brixton, a Londra. Da lì si è sparsa la voce e abbiamo suonato anche in Germania. L’obiettivo adesso è andare in Europa e nei festival: cerchiamo le belle situazioni. Quello di Londra sarà un festival con dei nomi grossi, quindi sarà una bellissima esperienza».

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