Daria preferisce non rivelare la sua età, «sono troppo vecchia», eppure il viso angelico e i vestiti che indossa, troppo grandi per lei, la fanno apparire piccola, dolce. Quando, però, il suo sguardo si volge altrove, a tratti brevissimi assente, i suoi occhi verdi si fanno pozzi profondi, come il mare, facendo trasparire la sua maturità. Qualcuno potrebbe dire che ha l’aria di una che ne ha vissute tante. Cresciuta in Russia, figlia di una violinista professionista, Daria Fisher per il momento vive in Italia. «È così tranquilla». È alla ricerca di ispirazione per scrivere nuove canzoni, alla ricerca di emozioni e di storie lette tra gli occhi dei passanti, al fine di entrare in empatia con loro. Non a caso è una performer di strada professionista, non ha paura dei cambiamenti, di perdersi, di ritrovarsi, di andare verso qualcosa di sconosciuto nonostante le poche certezze che questa scelta di vita imponga. L’unica cosa che le fa “paura” è il contatto con le persone: nota una certa indifferenza negli altri, troppo occupati a rinchiudersi nel mondo dei social per evadere dalla realtà. Non riesce a trovare quello di cui ha bisogno, la verità. Da qui la sua missione artistica: Daria suona e apre le porte del suo mondo per cercare di creare “connections”, connessioni. Per fare questo, sceglie la strada. Poi un computer, un violino, pedaliere, loop station e una voce, la sua. Suona musica Edm, o come viene anche definito, un Downtempo rivisitato. 

È impressionante come riesca a unire strumenti così diversi creando qualcosa di assolutamente originale e inedito, un mix di techno, ambient ed elettronica. «Suono per strada. Può sembrare stupido, ma così ho la possibilità di incontrare persone, di guardarle negli occhi: mi piacerebbe poterle colpire con la mia musica, che si sentissero coinvolte. Quando questo avviene, mi sento felice dopo la performance. Non faccio soldi per strada, posso suonare anche per due ore. Ma mi dà qualcosa: puoi stare a casa a guardare un film con gli amici, oppure scendere in strada e suonare» 

Grazie a questa sua opera, Daria è stata coinvolta in esperienze anche lontane dalla performance di strada: è testimonial per Nike Woman, lo è stata per Ted Talks, BMW, Louis Vitton e in qualità di “ambassador” nel video pubblicitario per Cartier. «Tutte belle esperienze, ma non sono io. Non è più quello che davvero conta per me. Io ho bisogno della mia voce, del mio violino, e di fare la mia musica. Quindi è tutto questo insieme: come un essere umano. Un corpo ha due gambe, due braccia, niente può prescindere dal resto, o mi perdo». 

daria fisher violinista di strada

Ascoltare Daria suonare inizialmente spiazza, racconta che è reazione comune curiosità e sentirsi un po’ persi insieme. Molte persone le hanno riportato di averla comparata a qualcosa di simile allo sciamanismo, sorride, non ne comprende il motivo. Durante la performance Daria cerca il contatto visivo: i suoi occhi sono glaciali, penetranti, cattura, ed è inutile opporre resistenza. Riesce immediatamente a catapultare la gente nel suo mondo, coinvolge, sorpende, è magnetica. Si dice che si suoni per esigenza, nonostante ciò la parola più adatta a descrivere la dimensione artistica di Daria è emergenza. La sua musica è come un grido, per le strade di un mondo indifferente e grigio, alienato. «Principalmente tengo molto a esprimere quelle che sono le mie emozioni, la mia visione. È come essere uno specchio: devono rimbalzare». 

Daria Fisher unisce alla sua idea musicale un outfit ben definito, ormai la sua pelle. Si tratta di un total black, a volte utilizza anche una maschera: le dà sicurezza, la fa sentire bene. «È come avere la pelle di un altro colore, puoi cambiarla, ma saresti finto». Daria è questo, senza filtri, ogni giorno, anche quando non suona. Vive il presente, non esclude cambiamenti. «Le persone cambiano continuamente, magari un giorno toglierò la maschera. O cambierò musica. Ma non importa adesso, non cerco di essere nessuno, non provo a modificare nulla, per ora va bene così. I just need to be”.

Foto: pagina Facebook di Daria Fisher

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