Racket dei servizi funebri, «il Comune di Bologna non c’entra»

«Non c’è nessun coinvolgimento, la nostra società funziona, è in piena attività e non è stata toccata in nessun modo in questo momento dall’indagine». Così ha puntualizzato l’assessore alle Finanze e alle Partecipazioni societarie, Davide Conte, in risposta alle domande dei consiglieri comunali sull’inchiesta giudiziaria che nei giorni scorso ha fatto venire a galla un sistema di corruzione del comparto funerario a Bologna.

La società partecipata del Comune è la “Bologna Servizi Cimiteriali Srl” concessionaria della gestione dei servizi cimiteriali, necroscopici e dell’impianto crematorio, il cui amministratore delegato, Massimo Benetti, è finito in manette giovedì scorso in seguito all’operazione dei carabinieri che ha portato all’arresto di 30 persone.

«Se chi è coinvolto nelle indagini, non è all’interno del perimetro delle attività del Comune di Bologna e dei servizi nostri cimiteriali, ma all’interno di altre tipologie di attività non di nostra competenza, commette degli atti su cui la Procura sta indagando, li non possiamo entrare nel merito della loro attività privata», ha continuato l’assessore. Conte ha annunciato un nuovo consiglio di amministrazione di “Bologna servizi cimiteriali srl” per riassegnare alcune deleghe, possedute da Benetti, per garantire la regolare attività del servizio. 

Intanto altri particolari sull’indagine vengono portati alla luce. Quattrocento quaranta mila euro in contanti, 12 rolex per un totale di 55 mila euro è il “bottino” sequestrato dai carabinieri durante le perquisizioni avvenute anche  nella casa della figlia di Giuseppe Armaroli, presidente della «R.i.p service», società coinvolta nell’inchiesta.

Altri 112 mila euro in contante, riconducibili alla presunta attività illecita di Massimo Benetti, sono stati ritrovati in un ufficio di vicolo Ghirlanda, in pieno centro a Bologna. Oltre al denaro sono stati ritrovati anche piccoli gioielli, fra cui anelli e braccialetti, che gli indagati non hanno saputo spiegare perché li avessero a casa.

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