Valorizzazione del territorio e sostenibilità ambientale, l’avocado siciliano fa la differenza

Tornare da un viaggio in Brasile con l’idea di riconvertire le vecchie piantagioni di limoni dei genitori in terreni per le colture di frutti tropicali. Succede in Sicilia, al giovane imprenditore e presidente di Coldiretti Catania Andrea Passanisi che, insieme a un consorzio di produttori locali, da qualche anno porta sul mercato italiano (e non solo) avocado, mango e frutto della passione da coltura biologica. Valorizzazione del territorio, sostenibilità ambientale e innovazione tecnologica caratterizzano il brand Sicilia Avocado, che ha saputo ben sfruttare le condizioni pedoclimatiche dei territori che si trovano sulle pendici dell’Etna. «La visione era quella di portare avanti le tradizioni di famiglia dedicandosi alla coltivazione di qualcosa di nuovo, seguendo l’andamento del mercato e l’evoluzione dei consumi», scrivono di sé i produttori.

Complici la sua versatilità e le ricche proprietà nutrizionali, l’avocado è entrato ormai a pieno regime nelle nostre diete, ma non tutti sanno che coltivare questo oro verde ha delle forti ripercussioni nei Paesi d’oltreoceano. Ne è un esempio il Cile, dove le monocolture di avocado stanno causando gravi danni all’ambiente e alle popolazioni locali, a causa delle ingenti quantità di acqua necessarie per coltivarlo, il più delle volte sottratte alle comunità indigene.
Scegliendo l’avocado nostrano da un lato si evita di essere complici del circolo vizioso che si nasconde dietro la sua importazione, dall’altro si sostiene lo sviluppo agricolo del Sud Italia e si contribuisce alla sua crescita imprenditoriale.

Inoltre, a differenza dei frutti provenienti dall’estero che viaggiano in nave per quasi un mese, i frutti di Sicilia Avocado arrivano nelle case dei consumatori 48 ore dopo l’acquisto. Infine il progetto ben si conforma all’Obiettivo numero 12 dell’Agenda Onu 2030 per lo Sviluppo Sostenibile che prevede di garantire modelli sostenibili di produzione e di consumo responsabili, aumentando i benefici in termini di benessere tratti dalle attività economiche, attraverso la riduzione dell’impiego di risorse, del degrado e dell’inquinamento nell’intero ciclo produttivo, migliorando così anche la qualità della vita. Un motivo in più per fare scelte consapevoli e responsabili, specie se si considera che il settore alimentare rappresenta il 30 per cento del consumo totale di energia, ed è responsabile del 22 per cento delle emissioni di gas serra. (dati Unric – Centro Regionale di Informazione delle Nazioni Unite).

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