Garganelli, cappelletti e vera torta: le ricette imolesi ora sono ufficiali

Per tramandare le tradizioni gastronomiche imolesi l’Accademia italiana della cucina ha depositato oggi alla Camera di commercio di Bologna le ricette dei garganelli, dei cappelletti e della vera torta. L’iniziativa ha l’obiettivo, grazie al supporto di una dettagliata ricerca storica, di conservare le usanze culinarie con la consapevolezza che le tradizioni cambiano nel tempo. Le tre ricette sono parte di altre 34 depositate dal 1972 ad oggi e consegnati alla custodia di palazzo della Mercanzia. 
 
La cultura culinaria, specialmente se si tratta di cucina povera come nel caso dei cappelletti, garganelli e vera torta, è stata spesso tramandata per via orale di generazione in generazione. Se queste ricette non vengono scritte andranno perdute per sempre. Il progetto di conservazione voluto dalla delegazione imolese dell’Accademia italiana della cucina comprende un’indagine storica. La ricerca ha messo in luce le antiche metodologie di preparazione, ma anche aneddoti e curiosità che coinvolgono sia personaggi storici che usanze contadine. La tradizione si presenta, quindi, non come un fatto monolitico ma in continua evoluzione, come ad esempio gli ingredienti usati per il ripieno che variavano a seconda della zona ed erano aperti a contaminazioni sia emiliane che romagnole. 

La storia dei piatti
 
Nell’inverno del 1725, a Bologna, si stava festeggiando il nuovo anno. Il cardinal Legato Tommaso Ruffo, una figura inviata dal Papa per controllare e amministrare la situazione cittadina dal punto di vista politico, attendeva di poter cenare. Si narra che la sua cuoca, mentre preparava i cappelletti, si sia accorta che il gatto aveva mangiato il preparato per il ripieno. Per rimediare, la donna si è ingegnata arrotolando i quadretti di sfoglia su un bastoncino del telaio per tessere. Aveva inventato, così, i garganelli. Questo tipo di pasta non veniva servito solo in brodo, come si crede da tradizione domenicale, ma anche con i ritagli del prosciutto più duro o con il recupero di parti degli animali da cortile.

I cappelletti sono un piatto della tradizione romagnola, eppure nel corso della storia hanno subìto delle variazioni significative. Nel 1775 Alberto Alvisi era il cuoco personale di Barnaba Niccolò Chiaramonti, colui che il 14 marzo 1800 verrà eletto Papa Pio VII. Alvisi, di origini imolesi, descriveva il cappelletto bolognese nel suo manoscritto di ricette come una contaminazione che sposava la Romagna per la forma e Bologna per il ripieno. La farcitura sostituiva il prosciutto con il cappone, dando al piatto un sapore più intenso e raffinato.

La vera torta, detta anche torta degli sposi, è poco conosciuta al di fuori di Imola. La ricerca del ricettario di questo dolce è stata particolarmente difficoltosa perché non ha una vera e propria bibliografia. Le famiglie e i forni imolesi si sono tramandati la sua preparazione per via orale. La ricetta compare nel libro spese del 1737 delle suore domenicane, che la preparavano usando lo zucchero di canna per il Giorno della Beata Vergine del rosario. 
 
«Queste ricette rappresentano il cuore antico di Imolama anche la sua identità», ha dichiarato Napoleone Neri, scrittore ed esperto di cucina. «È un modo per dire quello che eravamo ma anche quello che saremo». 
Per commemorare la deposizione delle ricette di garganelli, cappelletti e vera torta il pittore imolese Nevio Galeotti ha fatto alcuni dipinti raffiguranti i piatti in questione. La sua tecnica personale, il neocromatismo, esalta il colore per esprimere i sentimenti. Secondo l’artista, il cibo non è solo una questione di piacere, ma ha anche un legame emotivo, affettivo e storico. Le specialità imolesi gli hanno ricordato la madre e la nonna alle prese con queste ricette, ma anche la comunità dei contadini che fatica tutta assieme, sostenendosi, come durante il periodo dell’abbattitura del grano. 

con il contributo di Davide Giorgi 
 

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