La religione scandisce in molte occasioni la vita di una comunità, che trova fede e speranza nella preghiera e nell’affidamento ai principi del Cattolicesimo. Anche Bologna, pur con la sua natura eminentemente laica, è stata sempre condizionata, a livello politico, dallo Stato della Chiesa: per questa ragione, la città è ricca di chiese (nel solo centro storico se ne contano più di 60). Accanto alle testimonianze più celebri, come la Basilica di San Petronio o le Sette Chiese di Santo Stefano, esistono però edifici meno conosciuti, spesso dedicati alla memoria di chi ha impresso una tenace devozione nella comunità cittadina. È questo il caso di Santa Caterina de’ Vigri, meglio nota come Santa Caterina da Bologna: la sua semplicità e il suo stile di vita sobrio, fedele ai principi della regola francescana, hanno lasciato un’impronta indelebile nel cuore dei bolognesi.

Una giovinezza irrequieta

Caterina de’ Vigri, figlia del ferrarese Giovanni de’ Vigri, nasce a Bologna nel 1413 e, trascorsa l’infanzia in città, nel 1420 si trasferisce con la madre a Ferrara, dove viene allevata alla corte di Niccolò III, acquisendo una notevole preparazione umanistica. Dopo alcuni anni Caterina lascia il palazzo per unirsi a un gruppo di pie donne che si sono costituite in un gruppo clericale. Questa filiazione, però, ha vita breve: Caterina è sconvolta da una gravissima crisi spirituale, una “notte dello spirito” che la porta a cercare la verità per un’altra strada. Sono i primi anni ‘20 quando la fanciulla, insieme ad alcune compagne, lascia le altre per entrare nel Monastero del Corpus Domini.

Questo complesso religioso, fondato nel 1406, nel corso degli anni diventerà così importante che alcuni componenti illustri della famiglia Este sceglieranno di essere inumati in questo luogo. Quando arriva Caterina, l’edificio religioso è appena stato completato. All’interno del Corpus Domini, la futura santa trova ciò che desiderava: una regola austera, improntata alla semplicità e alla ricerca di dio. Insieme alle consorelle si dedica alla preghiera, allo studio e alla carità. Ogni giorno la ragazza pulisce, dipinge, riordina, legge in volgare e in latino e compone prose come “Le sette armi spirituali”, un trattato di carattere filosofico nel quale si enunciano i principi fondamentali per una vita di preghiera. Dopo molti anni tormentati, nella clausura la giovane ritrova la gioia, con la quale contagia lo stile di vita della maggior parte delle sorelle. Il successo di questa scelta è tale che viene scelta per fondare il Corpus Domini di Bologna. È il 1456, e Caterina, a ormai 43 anni, torna nella sua città di origine.

Appena arrivata, Caterina raccoglie intorno a sé un gran numero di donne, tra cui anche la madre, che era rimasta vedova dopo essersi sposata di nuovo. Nel corso degli ultimi anni della sua vita, la santa si dedica, oltre che alla pittura e alla musica, alla stesura di opere religiose come “Il Rosario”, un poema sulla vita di Gesù, e “le Laudi”, una raccolta di poesie ispirate alle storie dei vangeli. La morte, sopraggiunta nel 1463, non fa che accrescere la fama di Caterina.

Le vicende post-mortem

Con la fine della vita terrena, incomincia la parte della storia più conosciuta della santa, relativa in particolare allo stato di conservazione delle spoglie mortali. Oggi, dopo oltre 500 anni, è ancora possibile osservarle all’interno del convento delle Clarisse in via Tagliapietre, nel luogo in cui la santa viveva. Il suo corpo si trova in perfetto stato di conservazione ed è posizionato su un trono sormontato da un baldacchino, sorretto da statue di putti; l’intera struttura è incorniciata da meravigliosi affreschi settecenteschi, come la Gloria d’Angeli di Marco Antonio Francheschini. Nel corso di una festività chiamata ottavario di Santa Caterina la salma della badessa viene visitata dall’Arcivescovo cittadino nel corso di una cerimonia. Sempre per il grande affetto dei bolognesi, poi, Caterina è diventata co-patrona della città.

Caterina de’ Vigri ha portato nel cuore di Bologna un messaggio di speranza e fede. Un messaggio che parla di pace e serenità nel proprio quotidiano, ma che, soprattutto, indica la tenacia della gioia come il principale strumento per raggiungere dio: solo con essa, infatti, è possibile la quotidiana cura verso il prossimo, per mantenere accesa e viva la fiamma dell’Amore che arde dentro ognuno di noi.

di Stefano Maggio

un articolo a cura di Giovani Reporter

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