Bologna Caput Mundi, la storia dell’incoronazione di Carlo V

Non so se avete mai sentito parlare di quella volta che Bologna finì sotto i riflettori del mondo intero. Probabilmente no dal momento che l’evento di cui il capoluogo felsineo fu protagonista risale a quasi cinque secoli fa, più precisamente al 24 febbraio 1530. Si tratta dell’incoronazione di Carlo V d’Asburgo, uno fra i più importanti imperatori del Sacro Romano Impero.

Antefatti: Papa Clemente, Francesco I e il Sacco di Roma

Ma come è possibile che un’incoronazione, che, secondo il rito canonico consuetudinario tra Chiesa e Impero, doveva svolgersi esclusivamente a Roma, sia stata celebrata proprio a Bologna? Per rispondere a questa domanda dobbiamo volgere lo sguardo a tre anni prima, nel 1527, durante la guerra tra Francesco I, re di Francia, e Carlo V. In questo scontro tra i sovrani per il dominio dell’Europa vi era anche una sorta di “terzo incomodo”, una figura che nella nostra storia diverrà un personaggio chiave: Papa Clemente VII. Quest’ultimo, a causa di un risentimento nei confronti dell’Impero e per timore di restare isolato nel panorama geopolitico – Carlo V aveva ereditato anche i domini spagnoli del Sud Italia – , si alleò con il sovrano francese sotto la Lega di Cognac.

L’Imperatore non vide di buon occhio questa alleanza ma, data la sua fede cattolica, tentò di ricongiungersi, senza successo, con lo Stato Pontificio. Alla fine, l’unica soluzione possibile fu l’intervento militare: Carlo V, alla guida dei Lanzichenecchi, scese in Italia e decise di cingere d’assedio Roma. Vi fu però un problema: il sovrano perse il controllo dei soldati mercenari, che devastarono la città e massacrarono tutti i cittadini di fede cattolica.

Questo episodio è conosciuto come “Sacco di Roma” e, a causa della drammaticità dell’evento, Carlo V fu costretto a prendere le distanze dai suoi stessi uomini. Papa e Imperatore si ricongiunsero solo con la Pace di Cambrai al termine della guerra con la Francia. Il ricordo delle devastazioni, però, ancora vivo nella popolazione romana, fu il principale motivo per cui Carlo V scelse come sede dell’incoronazione Bologna, seconda città per importanza dello Stato Pontificio.

Preparativi

Per presenziare alla cerimonia, Carlo V partì nel mese di luglio con una flotta navale da Barcellona e giunse a Bologna il 5 novembre del 1529. Così come il Papa, giunto in città pochi giorni prima, l’imperatore fu accolto con i massimi onori e Bologna fu allestita per l’occasione grazie a pittori e scultori di fama mondiale, come Aspertini, Vasari, Parmigianino e Tiziano. Adornare la città tuttavia non fu sufficiente a placare gli animi dei cittadini dello Stato Pontificio, ancora irrequieti per gli eventi del 1527. La città fu fatta chiudere per ragioni di sicurezza e San Petronio fu allestita in modo tale che potesse assomigliare a San Pietro in Vaticano.

Durante il loro soggiorno in città, Papa e Imperatore alloggiarono a Palazzo d’Accursio in due stanze attigue, collegate tra loro per fare in modo che i due potessero incontrarsi e discutere di affari di Stato. Al di sotto della finestra delle loro stanze fu fatto edificare un immenso pontile di legno, tappezzato e adornato di edera e alloro, che attraversava Piazza Maggiore giungendo fino all’altare principale dentro a San Petronio. All’opera principale si collegavano altri piccoli ponticelli, adibiti a spettatori che avrebbero pagato una tassa per poter osservare la cerimonia da una migliore angolazione e sentirsi protagonisti di questa storia.

All’inizio della cerimonia, quando il corteo imperiale stava attraversando la costruzione, quest’ultima crollò sotto i piedi dei partecipanti, causando anche diversi morti. Nonostante ciò, tuttavia, la cerimonia non venne interrotta. Non mancò comunque chi azzardò, divertito, un paragone tra la traballante costruzione e i rapporti che intercorrevano tra Chiesa e Impero.

La cerimonia

La cerimonia iniziò ufficialmente con l’inchino di Carlo V dinnanzi all’altare: Papa Clemente VII, dopo aver svolto tutte le consuetudini di rito, pose in testa all’imperatore la Corona Aurea, simbolo del popolo Romano, e gli diede lo scettro d’oro, simbolo del potere assoluto, la spada sprovvista di fodero, con la quale si impegnava a difendere la patria da minacce esterne, e il “pomo d’oro”, simbolo del mondo su cui avrebbe governato. La messa terminò alle grida di “Viva Carlo V Imperatore Invittissimo” e con Antonio de Leyva, governatore di Milano, che fece sparare colpi di archibugio in aria.

La giornata proseguì con una lunga processione: Papa e Imperatore partirono da Piazza Maggiore, proseguirono per via Orefici e in seguito il corteo si disunì e, mentre il Papa ritornava al Palazzo Pubblico, Carlo V proseguì fino alla Basilica di San Domenico, dove nominò conti e cavalieri uomini appartenenti all’alta società bolognese. Inoltre, durante il tragitto, l’Imperatore gettò per le vie di Bologna monete d’oro con la propria effige. Che sia stata mera demagogia? Del resto tale ipotesi non sembrerebbe strana, dal momento che, nonostante ci fosse stata la riconciliazione, durante quella giornata, l’aria era tesa a causa di un triste passato non ancora abbastanza lontano.

di Leonardo Bacchelli

un articolo a cura di Giovani Reporter

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