«Non sono una spacciatrice», la rabbia di una titolare di un negozio a cui hanno sequestrato tutta la canapa “light”

Lo Stato con una mano dà, con l’altra toglie. Un detto che trova verità nella storia raccontata da Chiara Bertaccini, imprenditrice di 27 anni che a Forlì lo scorso martedì si è vista sequestrare “preventivamente” nel suo negozio Binario 4/20, tutte, ma proprio tutte le confezioni sigillate della cosiddetta canapa “light, infiorescenze di canapa legale con principio psicoattivo sotto i limiti di legge. Oltre il sequestro la 27enne è stata denunciata dalla polizia per spaccio di sostanze stupefacenti prima che le infiorescenze di canapa legale sequestrate subissero delle analisi di laboratorio per stabilirne un’effettiva illegalità.

Nonostante la giovane imprenditrice abbia potuto aprire da sola e regolarmente il suo “grow shop” (negozio dedicato alla canapa) pagando tutte le tasse richieste dallo Stato, proprio sotto Natale un blitz della polizia ha messo in rischio la sua attività imprenditoriale. Altri 15 punti vendita di canapa legale della provincia di Forlì-Cesena sono stati controllati da una cinquantina di poliziotti che hanno sequestrato 73 chili di infiorescenze di canapa “legale” per un valore di circa 750mila euro. È stato davvero un bel regalino dello Stato per i commercianti che hanno investito tutti i loro risparmi per vendere prodotti che la legge non riconosce come illeciti.

La giovane imprenditrice di Forlì prima di chiedere addirittura un mutuo per aprire il suo negozio dichiarò regolarmente allo Stato cosa avrebbe venduto. «Ho chiesto le varie documentazioni alla Confcommercio, ho pagato tutto quello che dovevo chiedendo un prestito in banca per coprire tutte le spese iniziali, ho acquistato tutto con regolare fattura, ho regolarmente pagato l’Iva e ho tutte le analisi di riferimento, ma allo Stato non è bastato che io fossi a posto con la documentazione», ha dichiarato la giovane imprenditrice.

L’odore dei fiori di canapa, anche di quella che la stessa legge non indica come droga, in Italia puzza. Ma il marcio potrebbe derivare dalle falle legislative in materia. La legge 242/2016 prevede la possibilità di coltivare canapa con tenore di THC sotto i limiti di legge (fino allo 0,6 per cento) senza specificare la destinazione d’uso delle infiorescenze. In soccorso al buco legislativo arrivò il 23 maggio scorso una circolare ministeriale secondo cui i fiori di canapa con contenuto di THC inferiori ai livelli stabiliti «rientrano nell’ambito delle coltivazioni destinate al florovivaismo, purché tali prodotti derivino da una delle varietà ammesse».

Nonostante i coltivatori possano produrre piante di canapa con THC fino allo 0,6 per cento, il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, se n’è uscito il 31 luglio scorso con una circolare secondo la quale se la canapa non rispetta il limite dello 0,5 per cento di THC oppure non rientra nell’elenco delle 64 varietà definite industriali a livello europeo, va considerata sostanza stupefacente. Una circolare che la polizia sta prendendo alla lettera tanto da accanirsi contro giovani imprenditori che hanno aperto regolarmente la loro attività prima della circolare del ministro Salvini.

Dulcis in fundo per una sentenza della Terza Sezione Penale della Cassazione di pochi giorni fa, la vendita della canapa “light” è possibile se è rispettato il limite dello 0,2 per cento di THC.  Tuttavia, per essere denunciati per spaccio di sostanze stupefacenti è necessario che si superi «l’effetto drogante rilevabile», fissato in giurisprudenza allo 0,5 per cento. Numeri, percentuali che sottolineano un’incapacità tutta italiana di gestire il tema della canapa legale nello stesso periodo in cui molti Paesi come America, Canada e Sud Africa hanno addirittura legalizzato la marijuana.

In Italia, invece, Chiara Bertaccini, nel suo piccolo negozio «che somiglia a un’erboristeria del Novecento» – sottolinea le 27enne – potrebbe essere una criminale. «Non sono una spacciatrice», ha dichiarato la giovane imprenditrice. «Io vendo canapa “light”, non imbusto, non ho distributore automatico e ho tutto in regola. Ora lo stesso Stato che incassa le mie tasse mi vuole mettere in ginocchio. Sono una cittadina che rispetta le leggi in materia di canapa, vengo privata di quasi 5000 euro di merce tutta regolarmente pagata e in regola. Se sono una spacciatrice lo Stato è mio complice», ha incalzato la giovane imprenditrice. Un Paese, l’Italia, che gioca al gatto e al topo contro giovani imprenditori facendosi forza delle proprie falle legislative.

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